Storia di Calasca Castiglione
Calasca Castiglione fa parte della Valle Anzasca. La Valle fu abitata in epoca romana e pre-romana. Ne sono testimonianza i rinvenimenti della necropoli di Bannio ed altri sporadici a Vanzone.
Questi ritrovamenti confermano l'esistenza di una strada che in epoca romana conduceva in Svizzera attraverso il valico del Monte Moro. Sono venute alla luce 25 tombe di età gallo-romana e romana imperiale che sono databili dal I° sec. A.C. ai primi decenni del I° sec. D.C.
L'insieme dei reperti ci parlano in modo abbastanza organico dei primi abitatori dell'Ossola, cioè della civiltà leponzia, che sulla base dei ritrovamenti archeologici, risultava frutto della compenetrazione di una cultura locale con quella celtica e romana.
La Valle Anzasca nel periodo della civiltà leponzia godeva di un certo benessere. Questa ricchezza, singolare per una valle povera con una popolazione dedita all'agricoltura e alla pastorizia è forse dovuta all'importanza acquisita dai passi alpini nel periodo in cui Roma iniziatala conquista dei territori a nord delle Alpi. Scarse sono le notizie dell'epoca medioevale: Calasca appartenne in quel periodo al Comitato dell'Ossola.
La Valle nel periodo visconteo era divisa in sei "degagne": Drogale (ora Castiglione), Calasca, Civola o Ciola, Bannio, Vanzone e Macugnaga e loro frazioni. Ogni degagna aveva un console e si amministrava per mezzo di assemblee popolari con la partecipazione dei capifamiglia. Gli affari collettivi erano trattati dal consiglio generale della valle, formato da tutti i consoli che si riunivano dapprima a Bannio, poi a Pontegrande.
Il consiglio generale eleggeva un sindaco (che rimaneva in carica due anni)il quale rappresentava la Valle Anzasca (funzionario visconteo) e provvedeva agli interessi di tutta la valle.
Come parte del Comitato dell'Ossola, nel 1002 era conte dell'Ossola Riccardo.
Nel 1014 gli fu confiscata e data col comiato, per diploma d'Arrigo II, al Vescovo di Novara Pietro. Per transazione tra il Vescovo e il conte di Pombia, erede per donna del conte Riccardo, passa col comitato d'Ossola al conte di Biandrate Alberto di Pombia nel 1070.
Umberto di Biandrate cede parte a Di Castello Pietro che la dà in dote all'unica figlia Aldisia sposa del conte di Biandrate Gotfredo il 8 giugno 1250.
Il 16 agosto 1291 Guglielmo di Biandrate e fratelli cedono al comune di Novara. Con l'impadronirsi di Novara diviene signore anche dell'Ossola Visconti Giovanni, Vescovo di Novara.
Galeazzo Visconti la lascia al figlio Visconti Giovanni Galeazzo il 19 aprile 1378 che la infeuda a Barbavara Francesco.
Se ne rendono padroni gli Svizzeri ma gli Ossolani si sottomettono subito a Visconti Gio. Maria, duca di Milano. Il fratello Filippo, non rispettando i privilegi concessi dal padre Gio. Galeazzo, la infeuda con Mergozzo a Borromeo Vitaliano nel 1446.
Dopo la battaglia di Marignano al duca Massimiliano Sforza la prese il Re di Francia Francesco I, che dovette cederla, ritornando al potere lo Sforza Francesco II, duca di Milano il 26 novembre 1521.
Condannato per fellonia, fu cacciato, e l'Ossola passa col ducato di Milano in potere di Carlo V imperatore il quale rimette sul seggio ducale il detto Sforza Francesco II il 23 dicembre 1529.
Con la sua morte si estinse la casa Sforzesca, e l'Ossola col ducato di Milano passa sotto la Spagna dalla quale passa all'Austria il 24 settembre 1706 che la cedette per il trattato di Worms al Re di Sardegna Carlo Emanuele III il 13 settembre 1743.
Carlo Emanuele IV dovette cederla, abdicando al trono, alla Repubblica Francese il 8 dicembre 1798.
Il 20 maggio 1814 tornò in possesso al re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Nel 1818 la Valle Anzasca fu staccata da Vogogna ed eretta a mandamento con sede a Bannio.
Il primo nucleo abitativo di Calasca, prima del 1300, pare fosse all'Alpe Lagoncè, situato all'imbocco della Val Segnara. Ma pian piano la popolazione si trasferì sul versante a solatio nei pressi di Vigino.
Antichi documenti dimostrano che fino al 1800 il Sindaco di Calasca deteneva anche il titolo di Console di Lagoncè. Il paese fu caratterizzato lungo i secoli da una estrema povertà e da una forzata emigrazione. Si scendeva lungo la penisola ad esercitare mestieri come il lattoniere, lo stagnino, il fabbricante di tini e brente, il commerciante di vini.
Rimanevano soprattutto le donne, gli anziani, i bambini a coltivare la terra e a praticare la pastorizia.
Gli anni della massima attività estrattiva delle miniere d'oro della Valle, nell'immediato dopoguerra, posero un freno al processo di impoverimento demografico, ma solo per poco.
Negli ultimi 40 anni è aumentato il fenomeno dell'abbandono della montagna, l'attività agro-pastorale è entrata irrimediabilmente in crisi e ormai si è ridotta fino a quasi scomparire.