Altre chiese a Calasca Castiglione

Altre chiese a Calasca Castiglione

Calasca Castiglione

In Località Antrogna il bel campanile alto e slanciato misura ben 67 metri e 63 centimetri. Fu costruito con enormi blocchi accuratamente squadrati e lineari, in pietra a vista, negli anni 1688-1693 dal capomastro Lorenzo Battaglia di Arcisate (Como). Era allora parroco don Giacomo Guerrini di Macugnaga e "curatore", o "sindaco della fabrica parochiale" Giov. Giacomo Novaria. In origine anche la svettante cuspide appuntita, che termina con una grossa boccia di rame, su cui si erige la croce (m. 2,19) e la "vola" che segnala il tempo (una lastra metallica girevole, a forma di angelo che suona la tromba), era in nuda pietra. 
La grandiosa torre sorse accanto alla prima chiesa parrocchiale quattrocentesca, poco più in basso, verso valle. L'opera fu tutt'altro che facile: basti pensare alle ingenti impalcature, ai pesanti blocchi da estrarre dalla roccia, portare sul cantiere a forza di braccia e di slitte e poi elevare uno sopra l'altro fino a quella altezza. Inoltre i semplici strumenti di lavoro dell'epoca (scalpelli, punteruoli, cunei ecc.) dovevano continuamente essere ripristinati sulla fiamma del carbone con la forgia. Questo veniva appositamente prodotto da una squadra di carbonai sui monti di Barzona.
Oltre tutto ad un certo punto si formarono delle "crepature" sul lato nord che costrinsero a fermare i lavori in attesa di accurati accertamenti.
Tra gli esperti interpellati fu chiamato anche un certo Agostino, architetto di Varese. Superata anche questa difficoltà, dopo appena cinque anni di dure fatiche, grazie alla collaborazione generale e gratuita di "homini et done ne' giorni festivi, ecetuate le solenità", i lavori giunsero a compimento. Si pensi anche solo al trasporto delle grosse pietre, del legname e delle campane stesse al tempo in cui non c'era ancora la strada a Calasca, ma solo tortuosi e ripidi sentieri di montagna! E si pensi anche al sollevamento delle 5 pesanti campane nell'alto del campanile! Per la fabbricazione del campanone - del peso di 210 rubbi, cioè 20 quintali circa - e la rifusione di una rotta delle precedenti, ci volle la bella somma di lire "otto mille imperiali". Per fare fronte alla spesa fu necessario utilizzare anche i fondi di altri luoghi di culto e precisamente degli oratori della Gurva, Vigino, S. Marta, Barzona, della Compagnia del S. Rosario, della "capeletta delli molinari" e della cappella di S. Antonio, "tutti della Parochia di Calascha" - come si legge su un documento inviato alla Curia vescovile di Novara il 21 settembre 1694, APC. - Da allora gli allegri suoni dei cinque sacri bronzi, dalla tonalità in si, poterono finalmente accompagnare la vita della Comunità e diffondere lontano i loro suoni, dalla vallata alle cime delle montagne, a orgoglio dei Calaschesi. E da allora, direbbe il teol. dott. Luigi Tagliacarne: "Il nostro campanile [...] forse il più alto dell'Ossola [...] infonde una letizia ineffabile al Calaschese che, ritornando in patria dopo una lunga assenza, lo vede delinearsi maestoso sull'orizzonte, allorché la strada tortuosa della Valle giunge a quello svolto che è poco prima di Castiglione!". Nel 1717 fu installato il primo "orologgio" dal costruttore "Carlo della Bianca di Campertogno Valsesia". Negli anni 1856/'57 le campane vennero rifuse a Suna dalla ditta Barigozzi e ne furono aggiunte altre due. La settima campana, la più piccola, era però di tonalità diversa 

Oratorio del Sassello. Già da tempo immemorabile esisteva su una rupe panoramica in località Sassello, a 951 metri s.l.m., una cappella rivolta verso il sottostante alpe Pavù, meta di molta devozione. Essa fu eretta sul sentiero che sale dalla frazione di Barzona verso i suoi alpeggi, nel punto in cui si dirama fra La Cresta e Cingora da una parte e Cortelancio e Lavazzero dall'altra (quest'ultimo è l'alpeggio più alto del territorio di Calasca a quasi 2000 metri di quota e caricato ancora oggi). In seguito l'edicola fu racchiusa in un piccolo edificio a pianta quadrata, con soffitto tondeggiante e cupola sferica, come ancora oggi possiamo vedere.

L'oratorio di Barzona è l'attuale chiesa più antica della parrocchia. Dice al riguardo il parroco Tonietti nella sua relazione del 1822 (ASDN): "L'antico Oratorio di Barzona dedicato a S. Carlo Borromeo e forse dapprima a S. Rocco, perché esisteva prima del 1590, è discosto dalle abitazioni, a vista della Valbianca e di sufficiente capacità per quel popolo, con una piccola sacrestia ed un solo altare.Sopra del Presbiterio e sino ai cancelli è fatto a volta, il rimanente a soffitto di legno". L'inventano (1675) del Guerrini dice che sopra l'architrave del coro (tuttora esistente), cera anche il solito crocifisso ed un mezzo "confessionario" addossato ad una parete dell'edificio.

Oratorio di Calasca Dentro. Già dal secolo XV gli abitanti di Calasca "interiore" - così si chiamava allora la frazione e "intus" nel gergo latino - si riunivano per le decisioni importanti di carattere collettivo presso la piazzetta della cappella detta di S. Maria (come quella di Vigino). L'edicola sorgeva, secondo alcuni, nel luogo dove in seguito fu costruito l'oratorio, mentre secondo altri, presso l'attuale fontana-lavatoio, "il burné". Attorno ad essa si radunavano i capofamiglia "per trattare gli affari comuni e della vicinanzia", alla presenza delle autorità preposte.

Oratorio di Quaggiui (Sec. XVIII) La chiesetta dell'Alpe Quaggiui venne iniziata nell'estate 1867 per iniziativa del parroco don Giuseppe Garbagni. L'oratorio fu dedicato alla beata Panacea (allora chiamata Panasia), una pastorella di Quarona (VC) molto devota, uccisa a 15 anni dalla matrigna per gelosia e cattiveria il 27 marzo 1383 (è la data più attendibile), sepolta a Ghemme (NO) e divenuta la protettrice dei pastori ed alpigiani. Un tempo l'alpe Quaggiui, molto più esteso di oggi, era abitato tutto l'anno, come Giucola, Cascinolo, Lavello, Lagoncè, Segnara, Patelli ed altri alpeggi di bassa quota. Oggi a Quaggiui d'inverno abitano soltanto Albino Ticozzi e Felicina Bertoletti con le loro capre.

Oratorio di Vigino. Sembra che la frazione di Vigino, un tempo tanto viva e popolosa, non esistesse prima del '300. In una piazzetta al centro di questo primo nucleo abitato, accanto ad un colossale albero di noce, verso il '400 sorse una cappelletta votiva chiamata di S. Maria. Qui avvenivano le "universitates", ossia le adunanze pubbliche dei capofamiglia, chiamate anche "conventus" o "tumultus" per le deliberazioni comuni più importanti del cantone sotto la direzione di un console. Qui si discuteva anche degli affari con i "vicini", ossia con i convalligiani nelle"università dei consoli e degli uomini tutti". Era il municipio di Vigino. Questo comune si mantenne indipendente fino al 1521 quando si unì a quello di Calasca