Storia di Macugnaga

Storia di Macugnaga

E' ignota l'epoca in cui il Passo del Moro, incominciò ad essere frequentato.
Gli storici sono di pareri diversi. Alcuni sostengono che la mulattiera sia stata tracciata dai Celti; altri l'attribuiscono ai Romani, e forse con maggiore ragione quando si pensa ai grandi lastroni quadrangolari che restano tutt'ora nella parte alta del valico.
Non manca chi ne spiega il nome collegandolo ai Saraceni, detti anche "Mori", che nel X secolo avevano invaso il Vallese spingendosi sino ai passi più elevati.
A conforto di questa tesi sta il fatto che a Macugnaga esistono altri nomi che possono essere attribuiti ad una avanzata dei Saraceni a sud delle Alpi: Valle Moriana, Pizzo della Moriana e Bocchetta della Moriana.
Comunque sia, la tradizione lo vuole frequentato in epoche assai remote.
E non si può escludere che Macugnaga fosse già allora abitata, almeno d'estate, sì da costituire un necessario punto d'appoggio per chi vi transitava.
Di certo si sa che nella seconda metà del 1200 questa strada era già in gran parte rovinata, tanto da essere impraticabile ai quadrupedi, e fu compito di Gotofredo, Conte di Biandrate e signore della Valsesia, il riadattarla.
Costui sposò nel 1250 una ricca vallesana, Aldisia, la quale gli portò in dote la valle di Viège e la valle Anzasca.
In tal modo le due valli poste ad oriente del Monte Rosa vennero a trovarsi sotto un unico dominio, col risultato che la robustissima popolazione di Saas, sempre tanto numerosa da essere costretta a ricercare continuamente nuovi luoghi abitabili, colse volentieri l'occasione di questa comunanza per passare il Moro e calare nell'altipiano di Macugnaga che offriva clima più mite e praterie più ubertose.
Era il 1260 e il gemellaggio anzaschino-vallesano poteva dirsi cosa fatta. Gotofredo dal canto suo lo favorì in ogni maniera soprattutto per un motivo d'ordine pratico: Macugnaga, assolvendo la funzione di cuscinetto ideale fra le due comunità, doveva servire a porre fine alle continue lotte e segnare l'inizio di un'era di pace e di proficuo lavoro.

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L'immigrazione svizzera diede l'avvio alla costruzione della "Chiesa Vecchia" accanto alle baite della più grossa frazione, il Dorf. Le due comunità si fusero senza contrasti in una sola, nella quale le caratteristiche peculiari vallesane si imposero nettamente, plasmando l'elemento locale.
Non così la corrente migratoria anzaschina, che nella valle di Saas non riuscì a trovare uno spazio di penetrazione ideale, finendo ben presto assorbita. Macugnaga, i cui alpeggi più antichi - Rovelli, Garda, Pedriola, Rosareccio, Campisana e Quarazzola - erano già ricordati in un documento del 999, divenne presto parrocchia autonoma con diritto di tenere un'importantissima fiera annuale. Essa durava dal 16 al 31 agosto attorno al tiglio di Chiesa Vecchia col concorso di un gran numero di montanari persino dalla Valle d'Aosta e dalle vallate svizzere.
Sottrattisi al dominio dei conti di Biandrate, gli anzaschini passarono un periodo di relativa tranquillità governandosi da sé con decreti e leggi emanate di comune accordo nel corso di periodiche assemblee che si tenevano a Bannio, piccola capitale della valle.
Le lotte medioevali fra ghibellini e guelfi sconvolsero anche l'Ossola col risultato che la Valle Anzasca si mise spontaneamente sotto la signoria dei Visconti di Milano, e poi degli Sforza.
Nel 1535, morto l'ultimo degli Sforza, la valle passò sotto il dominio degli Spagnoli che subito imposero nuove pesantissime tasse.
E' di quest'epoca, precisamente del 1553, un episodio assai curioso che vide come protagonisti un gruppo di anzaschini, recatisi a piedi a Milano per ottenere l'esenzione dalle tasse.
Arrivati stanchi morti a destinazione dopo il lungo viaggio, quei poveri montanari corsero il rischio di non ottenere udienza a causa del loro aspetto che li faceva sembrare a degli autentici selvaggi.
Respinti dalle guardie di palazzo, si acquattarono sulla strada sbocconcellando il pane nero che avevano nei rozzi sacchi. Ma, buon per loro, furono osservati dal governatore in persona che s'era affacciato ad una finestra del palazzo, e incuriosito da quegli strani abbigliamenti, li fece introdurre. L'esito dell'ambasciata non potè essere più favorevole.


Le guerre successive tra francesi, spagnoli e austriaci non raggiunsero l'alta valle, né la raggiunse la famosa peste manzoniana.
Ma altre calamità naturali non risparmiarono il villaggio. Il capodanno del 1639 un furioso incendio distrusse oltre quaranta baite del Dorf e danneggiò la chiesa. Nel settembre dell'anno seguente una disastrosa alluvione completò la rovina.
Abbandonate le case e la chiesa, si pensò di costruirne una nuova, più bella e più grande.
Secondo la tradizione fu un frate a scegliere la località, guidando , con gli occhi bendati, tutto il popolo in processione e piantando la croce nel punto dove doveva sorgere la nuova parrocchiale, di grandiosità eccezionale se paragonata alla povertà della gente.
a costruzione, iniziata nel 1709, fu compiuta otto anni più tardi.
Non passò molto tempo che il tetto cedette sotto il peso della neve, ma venne subito rifatto con strutture notevolmente rinforzate.
Intanto anche l'interno veniva completato ed arricchito con alcune pregevoli opere, come i due grandi quadri fiancheggianti l'altare, opera di Bartolomeo Jacchini, e il battistero, il pulpito e i confessionali, dei fratelli Jacchetti, tutti di Macugnaga.
Il conte Federico Borromeo, feudatario della valle, è ricordato come uno dei primi turisti di Macugnaga, se non addirittura il primo, anche se il suo viaggio non fu propriamente una tranquilla passeggiata. E' il 1768.
Anton Maria Del Prato (che può essere considerato il capostipite degli albergatori locali), ospitò per undici giorni nel luglio del 1789 il famoso scienziato ginevrino Orazio Benedetto de Saussure".
Quella locanda fu il centro delle nostre escursioni. Eravamo ben alloggiati, ma non avevamo altri viveri che quelli che facevamo venire da Vanzone, poiché gli abitanti di Macugnaga e lo stesso parroco non si nutrono che di latticini e di pane di segale fatto sei mesi o un anno prima e che non si può tagliare che con la scure".
Visitate le miniere, il 30 luglio - nota ancora il de Saussure- "partimmo e andammo ad accamparci nei pascoli sopra l'Alpe Pedriolo. Non vi sono che tre ore di marcia da Macugnaga a queste praterie, di cui due si possono fare a dorso di mulo, ma occorre risalire a piedi alcuni ripidi pendii e il ghiacciaio.
Passammo la notte sotto le nostre tende in un luogo veramente delizioso. Accanto a noi scorreva un ruscello di acqua fresca e chiara.
Dall'altra parte c'era una roccia incavata, al cui riparo bruciammo dei rododendri, il solo legno che cresce a quell'altezza."
Il giorno seguente la comitiva, guidata da un cacciatore di camosci, Giovanni Battista Jacchetti, sale al Pizzo Bianco, del quale raggiunge però soltanto l'anticima.
Il 15 gennaio del 1819 veniva convocato per l'ultima volta il Consiglio Generale della Valle che aveva emanato per più secoli le leggi minori e i regolamenti locali. Era la fine della piccola repubblica sui generis della Valle Anzasca.
Nel 1847 furono iniziati i lavori per la costruzione della strada della valle. L'opera venne suddivisa in vari tronchi e attuata in diversi periodi.
Nel 1898 la rotabile raggiunse Staffa e qualche decennio dopo Pecetto. La realizzazione, che pure aveva incontrato vivacissime opposizioni, apriva a tutta la valle, e in particolare a Macugnaga, un'epoca di progresso inarrestabile.
Nel periodo fra le due guerre veniva eretto il campanile e la elegante casa del comune in fregio all'ampio e magnifico piazzale di Staffa.
Nell'ultimo dopoguerra, la costruzione della seggiovia del Monte Rosa e delle funivie del Monte Moro, il potenziamento della ricettività alberghiera, l'eccezionale espansione edilizia privata, l'attuazione dei servizi complementari, la creazione del nuovo centro sportivo e della "Baita dei Congressi", hanno contribuito e contribuiranno sempre più a inserire Macugnaga nella ristretta elite delle più rinomate stazioni turistiche alpine.