Il popolo delle Alpi: una civiltà di frontiera

Il popolo delle Alpi: una civiltà di frontiera

(tratto da Sportello Walser)

Il clima era più caldo di oggi e le montagne più verdi che bianche. Dove si stendono i ghiacciai si passava sui sentieri, fra i pascoli ⛰️ e le rocce. Ma attraversare la cresta delle Alpi non doveva essere comunque una bella passeggiata, soprattutto quando la migrazione non prevedeva ritorno.

Eccoli, interi nuclei familiari, curvi sotto il peso di poveri fardelli, risalire dalle alte terre vallesane lungo le antiche mulattiere per divallare sul versante meridionale alla ricerca di nuovi insediamenti. Nelle gerle, i bambini più piccoli: cauta protezione dall'ingiuria delle bufere. Nelle bisacce non portano le armi, ma solo attrezzi del lavoro 🔨. I loro villaggi non ingelosiscono nessuno, eppure hanno lasciato tracce profonde nei sentieri e nella memoria alpina.

Pastori, alpigiani, boscaioli 🌲. Non sono usurpatori, ma civilizzatori. Lassù l'erba è rara ma profumata 🌾. Una mucca caduta 🐄 può significare fame e abbandono. Per questo incidono passaggi, costruiscono scalinate e affrontano inverni che durano mesi ❄️. Il frumento non cresce, ma la segale resiste, persino a 2.100 metri d’altitudine, come a Findelen.

Le casere degli alpeggi sono scarne ed essenziali. Senza la calce lasciano intravedere il cielo. Talvolta cesellano i muri a secco con il letame per saldare i sassi e renderli più ospitali. Il pane lo si cuoce nei forni comunitari una sola volta all’anno, quasi a sottolinearne pregio e valore. I Walser sono abilissimi costruttori di case, blindate contro le valanghe dal legno più coriaceo del cemento. Dovevano essere maestri in queste attività, altrimenti non avrebbero superato i grandi freddi: “Le Alpi dai geli infami” come scriveva Tacito.

Sanno adattarsi alla mobilità e alla flessibilità. Le esigenze del mercato sono imposte dalla sopravvivenza. Il riciclaggio è continuo e si trasformano in uomini tuttofare: minatori, commercianti, contrabbandieri, artigiani, pittori, someggiatori e, con l’arrivo degli alpinisti, anche guide, portatori e maestri di sci.

Con le loro migrazioni gli alpeggi diventano insediamenti stabili. Dove gli altri montanari resistono a stento per pochi mesi estivi, i Walser costruiscono villaggi solidi e sicuri che sostengono i lunghi isolamenti invernali. Sepolti da enormi cumuli di neve ❄️, non temono l’ambiente ma lo rispettano con rigore. Anche la più piccola imprudenza ecologica sarebbe fatale.

Il pericolo maggiore era quello delle valanghe, che – secondo un detto popolare alpino – cadono dove sono già cadute, dove non sono ancora cadute e dove non cadranno mai più. Un’imprevedibilità capricciosa e spesso fatale.

L’esistenza è ripetitiva ma non monotona. Il calendario è scandito da norme tramandate oralmente e scrupolosamente ossequiate. La pratica religiosa non è un optional. Il reticolo delle mulattiere permette un’osmosi sociale con altre valli, soprattutto con la patria di origine oltre le montagne. Sono tempi di camminatori eccezionali. L’autonomia è di rigore, non l’autarchia.

Il rapporto con la montagna più severa è quotidiano, senza soluzione di continuità. Devono “inventare” antidoti indispensabili per non soccombere. Al di sopra dell’orizzonte della vegetazione cresce solo l’erba dei pascoli e, talvolta, come a Juf, i boschi sono lontani. In mancanza del legname il calore invernale è assicurato dal letame messo a essiccare davanti alle baite, un anno per l’altro.

“Quanto più gli uomini sono tagliati fuori dalle vie battute, quanto più sono confinati nell’interno dei monti e rimasti alle primordiali condizioni di vita, tanto più essi appaiono migliori, disinteressati, affabili e ospitali, nonostante la loro povertà”. Queste parole di Goethe sembrano il suggello dell’agiografia dei Walser.

Come tutti, i Walser hanno pregi, difetti, vizi e virtù. Ma hanno saputo sviluppare valori e risposte esistenziali che altri popoli più “fortunati” non sono stati chiamati a fornire. La loro è l’originalità commovente e la caparbietà ammirevole di una civiltà di frontiera che ha lottato per secoli sulla soglia estrema dell’esistenza.

Per questo, soprattutto oggi, conservano l’attualità dell’insegnamento, dell’educazione e della nostra ammirazione. 🙏